Tratto da Libero.it!
Dimmi quanti followers hai e ti dirò chi sei. Si potrebbe parafrasare così il vecchio detto che spiega quanto possano “influenzare” le abitudini e le frequentazioni.
Un indicatore ingannevole - quello de semplici numeri, secondo i recenti studi in materia - si rivela “una vera e propria metrica di vanità” come sottolinea Francesco Cozzetto, responsabile dell’area management di Dominanza Digitale, azienda leader in performance digitali, nata nel 2015, con sede a Milano, Roma e Napoli.
Chi si trova sui social ha spesso come unico obiettivo quello di arrivare ad un mero guadagno” – spiega Cozzetto – “La figura dell’influencer viene costruita, in molti casi, acquistando semplicemente i propri followers. Oggi i canali social, ed in particolare modo Instagram, hanno ridimensionato notevolmente il fenomeno dei fake e dei bot, sistemi automatici che generano like e commenti a caso. Ciò ha favorito moltissimo la fase di condivisione di contenuti interessanti da parte di tutti i profili, portando al piazzamento di una nuova figura denominata micro-influencer marketing”. Le parole del manager confermano un fenomeno in crescita con la conseguente creazione di una nuova strategia di marketing digitale fondata sul valore del micro-influencer, a tratti di incredibile consistenza e credibilità.
L’identikit del micro-influencer
“Profili apparentemente normali”. Si pronuncia così Francesco Cozzetto per descrivere la figura del micro- influencer, persone con un profilo su Instagram o altre pagine social aperte e facilmente consultabili dove condividono passioni, attività, passatempi. “Tali figure” – illustra il manager – “sono impegnate per lo più nel tempo libero in un dialogo attivo con una propria community”. I temi? Dalla cucina, al make-up, dalla moda all’arte. Queste figure sono state in grado di crearsi una propria nicchia di followers fedeli ed attenti, interessati al contenuto specifico che l’influencer tratta.
E’ assai curioso il fatto che queste figure siano del tutto inconsapevoli di rientrare in una categoria specifica come i micro-influencer. Talvolta, capita che neppure siano interessati ad esserlo, per lo meno in maniera professionale, confermando la loro assoluta autenticità. Il tempo e l’impegno sui social premia questi profili con attenzione e considerazione, grazie alla buona qualità dei contenuti che solitamente propongono con stile riconoscibile e personale.
In questa categoria rientrano figure che contano un numero di almeno 10.000 followers a differenza dei cosiddetti nano-influencer, quegli utenti che hanno da 1.000 a 10.000 followers.
Il caso Divadonna
Parlano i dati. Lavorare con i piccoli, spesso, conviene. Francesco Cozzetto lo racconta con convinzione a proposito della progettazione della campagna promozionale creata da Dominanza Digitale per lanciare sul mercato le calzature firmate dalla maison DivaDonna, (https://divadonna.it/about/), brand creato in società con un grande professionista del settore calzaturiero, l’imprenditore Vito Angelini.
“Vince la quantità” – sostiene il manager – “I micro-influencer sono numerosissimi in confronto alle celebrities del web, che vantano milioni di seguaci”.
Non essendo del mestiere, per altro, questi profili vengono raramente compromessi commercialmente, il che li rende più apprezzati dalla propria community. Chi li segue è un vero fan che li apprezza realmente per quello che propongono sulle loro pagine, comprendendone i consigli onesti e genuini.
Accade spesso che il target dell’influencer coincida con quello del brand.
“Nel caso del brand di calzature Divadonna” - spiega Mattia Cozzetto, CEO di Dominanza Digitale – “la strategia del gruppo di lavoro ha previsto la scelta di alcune figure di micro-influencer, adatte all'immagine del prodotto per far percepire al pubblico femminile la qualità della scarpa e del lifestyle del brand. Ogni donna ha la propria storia e merita di avere un obiettivo da raggiungere e la scarpa ideale per poterlo fare”.
Ad oggi DivaDonna è un brand riconosciuto e molto apprezzato dal mondo femminile. Rigorosamente made in Italy, il prodotto è stato lanciato durante il primo periodo di pandemia, sull’onda di una particolare attenzione – e, in alcunicasi, scoperta – del mondo digitale.